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Remnant: From the Ashes. Impressioni a caldo.

Remnant: From the Ashes, gioco annunciato all’E3 di quest’anno nella conferenza Microsoft, aveva da subito attirato la nostra attenzione fin dai primi trailer. L’ambientazione mostrata e i nemici che avremmo affrontato, ci davano un senso di familiarità e ci avevano convinti fin da subito a voler provare questo titolo che tanto prometteva.

Prima di continuare, ci tenevo a ringraziare lo sviluppatore Stanislav Pleshchev per averci fornito la chiave che abbiamo utilizzato per provare il gioco nella live che potrete trovare qui.
A tutti coloro che, grazie a questa concessione, temono che “grazieremo” il gioco, leggete l’articolo. Illustrerò quelli che per me sono i pregi e i difetti fin’ora riscontrati.
Ma andiamo con ordine, di seguito descriverò il gioco sotto i seguenti aspetti:

  1. Gameplay.
  2. Difficoltà e sistema di level up.
  3. Grafica e ottimizzazione.
  4. Trama.
  5. Impressioni personali.

Gameplay

Il gioco si presenta sotto i tag di TPS, Souls Like e Procedurale. E sostanzialmente è proprio l’unione di queste tre meccaniche: uno sparatutto in terza persona con meccaniche distintive dei Souls di From Software in un mondo creato in modo procedurale. Ma andiamo a spiegare meglio.

Immagino sia abbastanza chiaro cosa sia uno sparatutto in terza persona ma, che meccaniche avrà preso dai Souls? E cosa avrà di procedurale?
Ebbene, la prima domanda è molto semplice da spiegare: la meccanica principale presa dai Souls è il checkpoint al quale il giocatore può sedersi per ripristinare vita e usi delle cure (chiamate Cuore di Drago in questo caso), e sempre al quale il giocatore tornerà una volta morto in battaglia.

La proceduralità del gioco invece è da cercare nella mappa, nei boss nei quali ci si imbatte e nei doungeon. Ogni partita di ogni giocatore è generata casualmente in base ad un seed assegnato alla campagna di gioco che inoltre può essere cancellata e ricreata al semplice comando del giocatore. Questo determina ovviamente la struttura della mappa in cui ci si muove, che può variare molto di giocatore in giocatore, ma diversa storia è per i Boss e i doungeon.

Sebbene i Boss siano procedurali, il loro roster non è molto ampio, determinando così la probabilità di riuscire ad affrontare ogni boss del gioco dopo la seconda o la terza volta che si intraprende la campagna. Questo però è stato ovviato dalla possibilità di affrontare il gioco in diverse difficoltà, ma di questo ne parleremo nel prossimo step.

La mappa di gioco, quindi, è strutturata nel seguente modo:
L’Hub di gioco (uguale per tutti i giocatori) dove si possono trovare NPC dai quali potenziare il nostro equipaggiamento e comprare oggetti, da esso possiamo accedere al mondo di gioco, generato casualmente e nel quale dovremo raggiungere i vari doungeon, facendoci strada tra i vari mostri presenti sul cammino. I doungeon, generati anch’essi casualmente, nascondono invece alla loro fine il Boss di fine doungeon che può essere opzionale o di trama.

Difficoltà e sistema di level up.

La difficoltà del mondo di gioco si potrà cambiare una volta finito il tutorial e raggiunta la possibilità di accedere alla campagna. La difficoltà preimpostata è la normale (attualmente la più bassa) ma ne sono selezionabili altre, la difficile e l’incubo.
Sebbene siano presenti queste modalità, comunque il gioco si adatterà al livello del personaggio, rendendo interessanti anche quelle bossfight le quali non ti aspetteresti di dover riprovare anche due volte per riuscire a superarle.

Il sistema di level up invece, non è il classico sistema che aumenta le statistiche, ma invece il giocatore avrà a disposizione delle “caratteristiche” che piano piano dovrà scegliere se aumentare o meno. Queste caratteristiche andranno a modificare non solo parametri come vita e stamina ma anche altri come l’acquisizione di punti esperienza o la probabilità di effettuare un colpo critico.
L’equipaggiamento viene potenziato come in ogni altro Souls: raccogli i materiali necessari, vai dall’npc designato e aumenta di 1 il livello dell’arma (fino ad un massimo di +20 per le armi normali e +10 per le armi dei boss).

Grafica e ottimizzazione

Il gioco non è uno dei più prestanti usciti in questo periodo, graficamente parlando, rimanendo però un prodotto del quale non puoi fare a meno di apprezzarne l’aspetto. Chiariamoci, con questo non è mia intenzione dire che ci troviamo davanti un gioco poco graficato, le luci e le ombre sono molto curate, il paesaggio è molto bello da vedere ed è suggestivo. Infatti, il prodotto si presenta sotto una direzione artistica molto ispirata, presentando non solo una Terra ormai sull’orlo della distruzione, ma anche altri mondi, tutti diversi tra loro e alcuni, persino molto coinvolgenti.

Trama

La trama di Remnant è un’estensione del capitolo precedente, Chronos, gioco VR con meccaniche completamente diverse. In sè è semplice:
La terra è stata invasa da dei mostri/alieni chiamati Root, intenti a prosciugarne ogni forma di vita. Il tuo compito è quello di scacciarli dal pianeta.
Il tutto però viene contornato da diari sparsi in giro per il mondo e descrizioni degli oggetti che approfondiscono la conoscenza di tutto ciò che è il mondo di gioco.

Impressioni personali

Complessivamente il gioco diverte fin dalle prime ore di gioco, i boss sono tutti diversi e i miniboss offrono una componente di divertimento aggiuntiva tra il raggiungimento di una bossfight e l’altra, rendendo così il viaggio tra un doungeon e quello precedente una sfida e non solo un mero “walk simulator”. Quasi ogni bossfight è diversa dalle altre e, aggiungendo la componente casuale della proceduralità della creazione del mondo, ogni volta che incontravo un doungeon non vedevo l’ora di trovare il boss e vedere come sconfiggerlo.

Il gioco non è privo di pecche però. La proceduralità implica anche che il mondo venga creato in “blocchi” che molto spesso sono simili tra loro, portando quindi ad avere doungeon praticamente uguali tra loro, lasciando una sensazione di smarrimento nel giocatore. In questo, la mappa non è molto di aiuto, in quanto essa mostra solo le zone posizionate sullo stesso piano. Dal momento in cui un doungeon presenta due o più piani diversi, la navigazione della mappa diventa molto difficile e complessa. Io stesso mi sono perso molto spesso, specialmente nei doungeon di un determinato mondo.
Infine, ho menzionato prima che la storia di Remnant viene raccontata anche attraverso dei diari che si possono trovare in giro per il mondo. Questi diari però, molto spesso sono molto lunghi, di diverse decine di pagine, andando a spezzare quello che è il ritmo del gioco.

Una menzione speciale è dedicata all’ultimo boss del gioco
ATTENZIONE: QUESTA ULTIMA PARTE NON È ESENTE DA SPOILER.

Il Boss finale di gioco ha generato in me sensazioni molto contrastanti, in quanto è, come al solito, molto ispirato artisticamente e diverso dagli altri, ma a mio avviso è stato gestito un po’ male.
Questo boss si divide in due fasi, la prima molto classica: un umanoide con tentacoli alla “Dr. Octopus” da abbattere, la seconda è lo stesso umanoide che però prende la forma di un’immensa farfalla lignea ed eterea.
A sentirlo così, la bossfight sembra molto bella ma ha diversi problemi.

Il boss ha una vita entremamente alta e una resistenza a dir poco totale ai nostri colpi, ovviamente il trucco per abbatterla velocemente esiste ed è anche facilmente intuitivo… il problema si presenta quando la propria intuizione non porta a dei risultati e si comincia a credere che si stia sbagliando da qualche parte, quando in realtà si sta facendo tutto nel modo giusto.

Mi spiego, il boss ad un certo punto teletrasporterà il giocatore in un’altra dimensione, dove esso dovrà uccidere più minion possibili per acquisire una determinata statistica, in modo non solo da fare molti più danni al boss ma anche a rompergli la “protezione” e infliggergli gli effettivi danni che porteranno alla vittoria. I problemi di questa fase sono molteplici, a partire dal cap di danno da infliggere al boss per rompergli la guardia, che è troppo alto per il tempo che ti viene dato. Il gioco vuole che tu rimanga nel mondo parallelo abbastanza tempo da “farmare” più nemici possibile e di conseguenza aumentare il più possibile il danno da infliggere. Questo sarebbe possibile se il mondo parallelo non infliggesse danni nel tempo, mettendo fretta al giocatore, e facendo comparire anche i miniboss. Questa fretta quindi porterà il giocatore ad andarsene il prima possibile e non capire mai che la meccanica che aveva intuito era effettivamente giusta.
Come se non bastasse, il boss dispone solo di un attacco per tutta la durata della bossfight, rendendolo quindi il peggiore boss del gioco, monotono e mal gestito.

È veramente un peccato che l’ultimo boss di un gioco così divertente sia stato reso in questo modo, andando a macchiare quello che altrimenti sarebbe un gioco senza evidenti grosse pecche.

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